Morgan e una doppia canzone di Guccini

Guardavo oggi un video su YouTube: Morgan era ospite di un certo Davide Boscacci a non so quale evento sulla pubblicità — non ho voluto approfondire più di quanto era contenuto nel video stesso. Il tema della loro chiacchierata era "dieci domande scomode": inutile dire che il conduttore, a dire vero un po' vuoto, gliene ha poste appena due o tre, e di queste nessuna era scomoda. Morgan è entrato sorreggendosi con una stampella, indossando un completo a tre pezzi coi pantaloni a strisce verticali, sfoggiando un'insolita chioma lunga e bianca a metà tra Beethoven e Drusilla Foer, beninteso senza offesa per i due poveretti, e mostrando segni evidenti di una particolare allegria. Insomma, il povero Davide l'ha beccato in un buon momento e ha parlato forse un minuto sui quarantacinque che compongono l'intervista:


Il discorso, prendendo avvio da una risposta di Morgan sulla pubblicità, si è dipanato poi su temi filosofico-ontologici e artistici di rilievo. Il perché, sono riuscito a spiegarmelo solo in parte. Morgan mi sembra un uomo molto pensante, con una personalità ben costruita (da non confondere col suo personaggio, ma ne riparliamo), sicuramente frutto di numerosi percorsi, artistici e culturali in generale. Afferma di essere un grande amante delle scienze umanistiche e lettore di filosofi, e il fatto non solo si nota ma fa anche piacere. Ho riso di gusto e ad alta voce in più passaggi:

Io sono pessimista: morirò. Voi anche. Fine. Non serve a niente, stiamo dicendo cose inutili. Cioè, anche Schopenhauer, perché ha scritto i libri? Con la speranza che li leggesse qualcuno? Che cazzo di pessimista sei…
 
«La parola sociale è sempre esistita ma ha avuto dei significati, nel corso della storia, molto diversi […]»
«Come la parola amici prima che arrivasse la De Filippi» 
«La parola amici significava, in Grecia, "senza gatti" nell'antica Grecia»

Da questa lunga intervista, che è meglio definibile un monologo, traspare in generale che Morgan avesse (e abbia tutt'ora) bisogno di uno spazio in cui esprimersi, in cui affermare sé e la propria persona; e la sua padronanza quasi beffeggiante del palco e della platea, pur sotto l'influsso di chissà quali sostanze, lo dimostra.

Certo, è labile il confine tra necessità d'autoaffermarsi e voglia di mettersi in mostra e generare discussione, polemica. Il Morgan-personaggio è ingombrante e influente sul Morgan-persona, ma forse è solo un mezzo: se non si fosse atteggiato così — uscire di scena per cercare da accendere, dare contro a un pubblico chiaramente di parte, parlare a valanga ignorando l'intervistatore — , non credo avrebbe potuto esprimere così tanti concetti ed opinioni, o almeno non così efficacemente.


Nella seconda metà del video (da 27:14 circa) Morgan propone inoltre un'esecuzione, improvvisata e un po' stentata, de Il sociale e l'antisociale. Il brano unisce due canzoni, in ordine inverso però rispetto al titolo: Guccini, che ai tempi di Folk beat n. 1 usava ancora il solo nome di battesimo Francesco, canta prima il sessantottino che inveisce contro tutti, non conforme e misantropo, facendogli seguire un figlio di papà, superficiale, disinteressato, volatile e falsamente acculturato.

La canzone è, nel lessico e sintatticamente, ben più semplice delle opere più tarde del modenese: e forse proprio per questo, colpisce e diverte di più, anche nella sua ingenuità. La trovate, tra l'altro, nella mia playlist Affinità e divergenze. Il collegamento a Spotify è anche nella barra laterale.

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