Topolino 3568: universi sconosciuti
Il mio secondo passaggio di questo "ritorno" al fumetto Disney non si è rivelato all'altezza del precedente. Questo l'indice:
Dello strano 3568 ho apprezzato la breve di Vito Stabile che ricalca, ma con un occhio moderno, le ten pages. I disegni di Rota sono essenziali; apprezzo anche, nel contesto di uno stile un po' rétro come quello rotiano, vedere comparse in abito maneggiare telefoni e parlare di rete.
Come per il numero della settimana scorsa, tralascio la storia di Enna perché voglio leggerla tutta d'un fiato quando sarà completata.
Su questo numero è presente inoltre una storia DPW (Disney Publishing Worldwide) cioè una produzione della Disney centrale, che si differenzia da quelle prodotte in "autonomia" in Italia, che hanno codice I. Il filo di Paperarianna stravolge un mito che già di suo non è tra i più interessanti della civiltà greca, senza aggiungervi niente di interessante o quantomeno originale. Si salvano solo i disegni di Bacci.
Ho capito poco della vicenda di Gambadilegno perché mi mancano gli episodi precendenti e non ho mai letto il ciclo di Ducktopia, che a quanto pare è imprescindibile per la comprensione di questa storia. Non vorrei che Miklos perdesse, come successo a Cuordipietra e in realtà anche a Macchia Nera dopo che Murray decise di utilizzarlo, quell'aura di eccezionalità che contraddistingue il suo personaggio, venendo usato troppo. In questa storia l'ho trovato un po' piatto. Se si scomoda una figura così terribile (ricordo che mentre leggevo la sua prima apparizione avevo la pelle d'oca), è bene rendere in tutto la sua tridimensionalità di figura da temere e di cui diffidare, subdola e ingannevole in tutto.
Anche Pastro e Frare mi hanno un po' deluso: a volte i personaggi non riescono a staccarsi dallo sfondo, emergono poco. Probabilmente i colori contribuiscono: in certe inquadrature ampie, come la prima vignetta di pagina 63 o l'ultima tavola, risentono di una certa piattezza che penalizza molto le grandi porzioni di foglio che il disegnatore lascia vuote.
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